Parole D’Amore – Un patentino per i social? Dai sì
Stick and stones may break my bones/ but words will never harm me.
L’ho cercata per cominciare questo articolo. È una filastrocca che si raccontava ai bambini vittima di insulti per restituire loro dignità e coraggio. Penso che sia stata inventata prima dei social.
Sì perché, c’è da dirlo, in questo momento, complice una certa politica (che cavalca l’ignoranza popolare anziché correggerla), una congiuntura economica a tratti disastrosa (con la pancia piena ci si arrabbia di meno), alcuni italiani beh, ecco, non sono proprio teneri. Ciò che è successo alla senatrice Segre è solo la punta di un iceberg di violenza verbale e ignoranza che da tempo invade i territori disponibili su web.
Quest’estate, con un amico, cercando una soluzione a questa invasione (questa sì che lo è) di maleducazione diffusa, abbiamo immaginato un patentino, il patentino per i social.
Lui mi dice subito, beh, non si può. In Italia c’è la libertà di parola.
E io: sì ma l’ignoranza non è tollerata, in Italia.
Così cominciamo a disquisire sull’idea.
La perfeziono qui, insieme a voi.
Certo che c’è la libertà di parola in Italia, c’è anche la libertà di fare quello che si vuole, ma ci sono le leggi da rispettare.
Tu puoi avere una fuoriserie e guidarla a manettone nel tuo ettaro in campagna, sgommando e facendo decine di freni a mano, ma se vai in strada, devi avere la patente.
Facciamo che sia la stessa cosa? Tu puoi avere tutti i social che vuoi, ma per interagire fuori dalla tua cerchia delle amicizie, devi avere il patentino.
E come si ottiene il PSN (patentino social network)?
Con un esamino di cultura generale. Le materie? Innanzitutto il galateo, insomma l’educazione civica, per imparare a dire buongiorno, buonasera, per favore, grazie. Attraversare sulle strisce, rispettare le code alla posta, timbrare il biglietto in autobus.
Poi la grammatica. Perché io posso anche tollerare di ricevere un vaffa sui commenti, ma non riesco proprio a leggere cose del tipo: keccifai, avvolte, apparte, kaffè, ci vediamo ha pranzo, cè qualcuno? oppure le accuse: stato inniorante, delincuenti, latri.
Magari una sventagliata di geografia. L’Italia, i suoi confini, i nomi delle regioni, dove si trovano le città. Sembra incredibile ma ho lavorato (in agenzie pubblicitarie) con persone che non sapevano, a spanne, dove si trovasse Roma sulla carta dell’Italia.
La storia. Qualche data.
E poi la Costituzione, almeno i principi fondamentali, almeno quelli dai.
Un filo di scienza. Perché puoi protestare per il clima ed è onorevole, ma cosa sia l’effetto serra, forse dovresti saperlo.
Per concludere un po’ di dolcezza. Un sorriso, una carezza.
Un esamino facile facile, in fondo.
Ed ecco che si sblocca la possibilità di commentare, postare, aprirsi alla nazione, interfacciarsi, relazionarsi!
Che magari, studiando per prenderlo, il patentino, tra sussidiari e appunti, a certe persone capiterà sottomano anche il libro della Segre. Forse, dopo averlo letto, dopo averla seguita in un’incredibile e commovente storia di partenze e ritorni, dolore e speranza, quel patentino, lo apprezzeranno.
Perché essere liberi di esprimersi è una grande possibilità e penso sia stupido non coglierla, per scrivere qualcosa di dolce, sui social network.
E adesso, che dite, kaffèèèèè?