Il potere delle domande
Quale tipo di valore può portare un coach nel business? Ne abbiamo parlato con Denis Biliato, professionista del settore che opera in ambito civile e militare
Chi è Denis Biliato? Qual è stato il suo percorso formativo?
Da un po’ di anni opero come formatore nell’ambito della negoziazione, dell’analisi comportamentale e nella gestione di eventi stressogeni, per l’addestramento di operatori di sicurezza e operatori del pronto intervento, con la finalità di fornire strumenti e metodologie funzionali allo svolgimento delle loro attività operative. Esco da una formazione tecnica in campo aeronautico con relativo conseguimento di un brevetto da pilota di elicottero ma dopo una breve esperienza come docente di aerotecnica, dal 2005 il mio interesse si è spostato nello studio e nell’approfondimento dei temi che tratto oggi, che sono la risultante di un mix tra psicologia, sociologia, fisiologia e neuroscienze, inserite in applicazioni pratiche sul campo. Per quanto riguarda l’aspetto del coaching, che accosto a sostegno dell’attività formativa, ho conseguito un diploma riconosciuto a livello nazionale da AICP (Associazione Italiana Coach Professionisti) e a livello internazionale da ICF (International Coach Federation).
Cosa fa un coach professionista?
Un coach professionista, dal mio punto di vista è colui che, grazie a una metodologia di lavoro ben definita, dà modo al coachee (persona che il coach accompagna nel suo percorso), di trovare in completa autonomia e serenità delle risposte, finalizzate a compiere delle azioni per raggiungere le proprie gratificazioni, attraverso lo sviluppo del proprio potenziale e la gestione di eventuali interferenze, interne o esterne che siano.
Lei ha esperienza in ambito civile e militare. Quale tipo di supporto offre? Come cambia l’approccio a seconda degli ambiti in cui opera?
Il mio supporto professionale sostanzialmente non cambia in funzione del settore in cui mi trovo a operare, in quanto ritengo che il coach professionista dovrebbe rimanere quanto più possibile “inesperto” nei contenuti (temi trattati dal coachee) e perfettamente allineato ed esperto nel metodo. Mi spiego meglio: se rimango “ignorante” nei contenuti trattati, evito pregiudizi e sicuramente evito di fornire risposte o porre domande “indirizzanti” scivolando nella consulenza, campo a mio avviso differente da quello del coaching. Per cui fare un percorso di coaching con un militare, uno scienziato, un atleta o un genitore, non modifica il mio modo di operare e l’ignoranza nei contenuti mi aiuta tantissimo a rimanere quanto più lontano possibile dall’esprimere giudizi, opinioni o soluzioni. Sembra strano, ma garantisco che il coachee raggiunge il proprio risultato in modo più efficace e veloce senza i suggerimenti o le soluzioni “illuminanti” del coach.
Quali competenze specifiche ha sviluppato?
Nel coaching oltre al normale sviluppo di competenze e abilità che mi hanno permesso di rendere fluido e naturale l’accompagnamento del coachee, sono riuscito a sviluppare delle abilità che mi permettono di assistere il coachee nel suo percorso di coaching senza venire a conoscenza delle risposte che il coachee decide di tenere per sé scrivendole solamente nel suo quaderno. Questa abilità, che ho riscontrato essere poco usata ma molto apprezzata, ha permesso ai miei coachee di fare un percorso e raggiungere ugualmente la loro gratificazione senza mai mettermi a conoscenza dei contenuti trattati e senza compromettere i tempi di raggiungimento del risultato o disattendere il risultato atteso. Molto spesso la loro affermazione è: non so come sia possibile, ma ora posso leggere nel mio quaderno ciò che desideravo conoscere e la cosa più interessante è che l’ho scritta io.
Quale tipo di valore può portare un coach in ambito business?
Credo che il valore più importante che un coach porta in ambito business sia quello relativo alla relazione non giudicante che instaura con il proprio coachee. Questo aspetto viene valorizzato al massimo soprattutto nei rapporti di coaching che si instaurano con un VIP. Molto spesso le persone che ricoprono ruoli importanti o sono famose, sono costrette a “indossare” sorrisi e comportamenti che in alcuni momenti o situazioni della loro vita non gli appartengono. Nella sessione di coaching è come se si togliessero le scarpe scomode e indossassero le pantofole in un ambiente familiare in cui tutto viene facilitato.
In un contesto complesso e rapido come quello attuale diventa sempre più difficile orientarsi. Quanto l’aiuto di coach può fare la differenza in questo scenario?
Nella domanda è stato usato un termine dal quale spesso prendo le distanze con simpatia e nello specifico “sempre più difficile”. Dal mio punto di vista non c’è qualcosa di facile o difficile, preferisco asserire che ci sono situazioni in cui dobbiamo metterci solamente più o meno impegno per riuscire in ciò che desideriamo, per cui alla domanda rispondo: in uno scenario in cui un coachee vede tutto difficile, problematico, complesso e non finalizzabile in termini di tempo, credo che la presenza di un coach piuttosto di fare la differenza potrebbe venir “utilizzata” per rafforzare le convinzioni del coachee nel dimostrare che è impossibile raggiungere un risultato gratificante. Al contrario un coachee che ha la sensazione di essere avvolto dalla nebbia ma percepisce di voler provare a prendere una direzione e non sa ancora quale, un percorso di coaching sicuramente accelererà i tempi di riuscita per ciò che riguarda il fattore “rapidità” e molto probabilmente raggiungerà risultati superiori alle proprie attese.