La rivoluzione analogica – Waterloo o Woodstock?
La pubblicità, la cultura di massa e un’ora di “pop culture” al giorno nelle scuole
Certo che fare il pubblicitario di questi tempi ti mette sulle spalle un bel carico di responsabilità. La musica che scegli per il “commercial”, il claim ripetuto all’infinito rischia di diventare un tormentone più popolare de “L’infinito” di Leopardi. Lo “Scivola, scivola” di Mina per Tim oggi è più noto tra i ventenni della “Toccata e fuga in Re Minore” di Johann Sebastian Bach.
Avevo già un certo sentore che facendo il copy o l’art sei un po’ operatore culturale anche tu, ma poi le teorie sulla cultura di massa me l’hanno confermato.
Nelle teorie “elitistiche” il termine massa indica tutti quegli individui che costituiscono il materiale umano su cui esercitano la loro influenza le minoranze creative. Cioè, si dà ai creativi un ruolo di responsabilità come protagonisti del processo storico. Allora se alla “massa” puoi fornire di tutto (purché pagato per farlo) devi trovarti di contro un sistema che fornisca alla massa, gratis e a piene mani, tanto, ma tanto spirito critico.
Un sano spirito critico te lo costruisci se conosci un po’ della cultura passata e presente. Se conosci un po’ di letteratura, arte, musica. Almeno combatti ad armi pari con “le minoranze creative” di cui sopra.
Io, ad esempio, sono convinto che la scuola potrebbe giocare un bel ruolo, ma solo se introducesse almeno un’ora di “cultura pop” al giorno nelle scuole elementari, medie e superiori. Un’ora in cui tra le altre cose si analizzi la pubblicità e il suo meccanismo.
La comunicazione e la diffusione sui target riferiti. Se ti spiego come funziona l’opera di convincimento, capisci anche se sto utilizzando strumenti onesti.
Allora forniamo un po’ di senso critico introducendo nell’ora di cultura pop: la pubblicità, la musica, il cinema, la fotografia e chi più ne ha più ne metta.
Sono convinto che sia più facile approcciare Andy Warhol e la Pop Art se parti da David Bowie e Lou Reed. Che un diciottenne saprà un po’ di più delle sue radici e della sua capigliatura da Moicano se gli fai scoprire il movimento Punk. Che le nostre teenager scopriranno che le loro sneaker borchiate color argento sono eredità delle New York Dolls.
Puoi sapere tutto di Waterloo, ma è giusto che nessuno ti insegni di Woodstock? Quanti si ricordano del Presidente Lyndon Johnson o di Alcide De Gasperi? Sono stati influenti? Certamente, ma non quanto i Beatles e i Rolling Stones. Poi sarà più facile accompagnare uno studente attraverso la guerra in Vietnam se gli fai scoprire “For What It’s Worth” dei Buffalo Springfield con tutte le sue riedizioni rap. È ancora possibile pensare a una scuola che non ti dica niente di Fellini e De Sica? Che non ti parli di Miracolo a Milano o di Kubrik e 2001: Odissea nello spazio?
Questi, secondo me, sono strumenti che possono dare “alla massa” un’arma di difesa dalle “élite creative”. Iniziando a separare la buona dalla cattiva comunicazione. Le bella e la brutta creatività.