Le eccezioni all’esercizio del diritto all’oblio nei confronti dei motori di ricerca
Le Guidelines pubblicate dall’EDPB riguardano anche le eccezioni all’esercizio del diritto all’oblio nei confronti dei motori di ricerca oggetto dell’art. 17.3 del GDPR. Tali eccezioni (insieme alle 6 basi giuridiche oggetto della esposizione della scorsa settimana), in realtà, appaiono inadeguate rispetto all’esercizio del diritto all’oblio nei confronti dei motori di ricerca: ciò consiglia di invocare l’art. 21 del GDPR sul diritto di opposizione, quando si intende ottenere il delisting.
Scendendo nel merito, l’art. 17.3 del GDPR individua 6 eccezioni, con la precisazione che esse sono tutte invocabili quali “prevalenti legittimi motivi” a supporto del diniego del delisting, ai sensi dell’art. 17.1 c), come conseguenza dell’esercizio del diritto di opposizione. Dunque, il delisting può essere negato nei seguenti 6 casi.
a) Se il trattamento è necessario per l’esercizio del diritto di espressione e di informazione. Si tratta di una eccezione fondamentale, che implica il bilanciamento tra importantissimi diritti, entrambi tutelati dal GDPR in via primaria, quali il diritto alla privacy ed il diritto alla libertà di espressione/ accesso alle informazioni. Questo bilanciamento deve essere compiuto caso per caso al fine di comprendere se respingere o accogliere una richiesta di delisting; e al riguardo un elemento di discrimine può essere individuato nella natura e nel tipo di interesse propri delle informazioni oggetto della richiesta rivolta al motore di ricerca.
b) Se il trattamento è imposto da una norma di legge o da un obbligo giuridico. È estremamente raro che detta eccezione si applichi ai motori di ricerca, poiché essi indicizzano semplicemente i contenuti generati e pubblicati da altri sulle proprie pagine web. Nei rari casi di concreta rilevanza, il bilanciamento tra il diritto al delisting e il diritto al libero accesso alle informazioni si fonda sul medesimo criterio generale indicato con riferimento alla lettera a). Al riguardo è interessante osservare che se un obbligo di pubblicazione colpisce chi genera il contenuto, non è detto che tale obbligo sia automaticamente estensibile al motore di ricerca, ai fini del rigetto della istanza di delisting.
c) Se il trattamento è imposto ai fini della esecuzione di un compito perseguito nel pubblico interesse o nell’esercizio di pubblici poteri. Come per il caso precedente, è assai improbabile che un motore di ricerca sia legalmente qualificato come un soggetto agente nel pubblico interesse. Tuttavia, nei rari casi ove ciò si verificasse, il motore di ricerca per rigettare l’istanza di delisting, dovrebbe dimostrare le ragioni in forza delle quali ritiene che il trattamento incriminato sia di pubblico interesse.
d) Se il trattamento nel pubblico interesse concerne la salute pubblica. È una specificazione della eccezione oggetto della lettera c). Valgono dunque le medesime considerazioni svolte con riferimento alla eccezione precedente.
e) Se il trattamento è necessario per l’archiviazione nel pubblico interesse, per gli scopi della ricerca scientifica, storica o statistica, qualora il delisting rischi di rendere impossibile o di pregiudicare tali finalità. In questo frangente è necessario tenere presente che il motore di ricerca, per negarlo, deve dimostrare che esso pregiudicherebbe oggettivamente e completamente le proprie finalità; mentre è del tutto irrilevante l’eventuale dimostrazione del pregiudizio di analoghe finalità, ma, questa volta, degli utenti.
f) Se il trattamento è necessario per accertare, esercitare o difendere un diritto in sede giudiziaria. È una eccezione di rarissima applicabilità e di scarsa rilevanza pratica, tenuto conto che le informazioni rimarrebbero comunque raggiungibili ricorrendo a stringhe di ricerca basate su elementi diversi dal nome del titolare dei dati.