Il ritorno del Pubblivoro – McDonald’s e Burger King: due strade vincenti
McDonald’s e Burger King sono due aziende passate alla storia per le loro pubblicità comparative. Una vera e propria guerra a colpi di spot e campagne paragonabile solo allo storico conflitto fra Coca-Cola e Pepsi. In Italia, nonostante siano venti anni che è possibile farla, la pubblicità comparativa non è mai stata proposta in maniera convincente. Al massimo si è assistito a paragoni tra tariffe telefoniche e quantità di sodio nell’acqua minerale. Oggi giochiamo noi a comparare le pubblicità di questi colossi americani del fast food. Anche perché le pubblicità proposte partono da assumption molto diverse ma arrivano a un’esperienza visiva molto simile.
Infatti, entrambe inquadrano persone sedute nel punto vendita, con inquadratura a “mezzobusto” e successivamente mostrano l’assemblaggio del prodotto promosso.
Partiamo da McDonald’s che sceglie come consulente per il prodotto e testimonial il giudice di talent culinari Joe Bastianich, in veste di ristoratore. Non mi viene in mente un testimonial più centrato. Bastianich ha dalla sua parte l’autorevolezza per i ruoli televisivi e il mix italo-americano, perfetto per promuovere cibo americano arricchito e completato da prodotti italiani Dop. La sintesi Italoamericana è rinforzata dalla parlata del testimonial in pieno stile donluriano o danpetersoniano. La coerenza del messaggio e la semplicità dell’esecuzione regalano un’ottima incisività allo spot.
Burger King parte dall’antitesi della strategia del personaggio celebre, dando voce ai clienti che provano il nuovo Cheese Bomb. Molto belli il ritmo del montaggio e i dialoghi “spezzati” che trasformano uno spot dalla struttura tradizionale in prodotto comunicativo particolarmente moderno. Lo spettatore non ha nemmeno il tempo di comprendere appieno quello che sta succedendo che si ritrova già coinvolto in un’altra situazione. Il risultato è piacevole e l’impressione che ha chi vede questo spot è proprio la straordinarietà del prodotto, suscitata dall’insieme delle esclamazioni che quasi si sovrappongono narrativamente, piuttosto che da un testo più tradizionale che punti alla parte cognitiva dello spettatore.
In definitiva, possiamo dire che la partita degli spot si conclude con un decoubertiniano pareggio. Entrambe moderne, piacevoli ed efficaci. Anche se mi rimane un po’ di nostalgia per quegli spot che mettevano da parte il fair play e, con qualche colpo al limite del regolamento, regalavano delle pubblicità comparative veramente divertenti e sagaci.