Michael Bloomberg, la genesi di un flop
Michael Bloomberg ha investito più di 700 milioni di dollari per la campagna elettorale delle primarie democratiche. L’importo, enorme in termini assoluti, diventa ancora più rilevante se confrontato con la spesa dei candidati alle presidenziali del 2016 per tutta la campagna elettorale.
Hillary Clinton con 157 milioni è stata la candidata che ha investito di più nella propria campagna mentre Trump, vincitore, ha investito poco più di 47 milioni del suo patrimonio personale. Ma l’aspetto ancora più rilevante è il risultato di questo enorme investimento da parte dell’ex sindaco di New York. Il 5%, risultato talmente basso che lo ha costretto a ritirare la propria candidatura.
Analizzando il canale YouTube del candidato multimiliardario emergono due grandi errori nella comunicazione:
1) Nei video più popolari non si vede Bloomberg che parla.
La scelta è stata quella di girare gli ultimi video come spot pubblicitari. Il più visto, lanciato durante l’ultimo Superbowl, è stato cliccato più di 7 milioni di volte; la protagonista è una mamma che ha perso il proprio figlio adolescente, colpito da un’arma da fuoco. La prima immagine, per di più statica, del candidato è al 32° secondo. Decisamente troppo tardi, considerando anche l’epoca in cui la politica, e non solo, vive di personalizzazione. I Grillini, i Renziani, la Lega di Salvini, la Apple di Steve Jobs, la Fiat di Marchionne ecc sono solo alcuni degli esempi. La promozione di programmi e valori politici deve passare necessariamente dal leader di quel gruppo per risultare incisiva ed efficace. Il fatto che Bloomberg non sia il protagonista della propria comunicazione è un errore che diventa enorme, considerando che nelle primarie la promozione è proprio della persona e non del partito.
2) Assist agli altri candidati democratici
Il secondo e il terzo video più visti, con oltre 2 milioni di visualizzazioni, iniziano con immagini di Trump. Il secondo addirittura con Trump che alza le mani al cielo dopo la vittoria alle elezioni. L’idea è sintetizzata dallo slogan DumpTrump. L’errore è triplo (bisogna veramente mettersi d’impegno per sbagliare tre volte in 15 secondi di video!). Prima di tutto è sempre meglio non evocare il nemico regalandogli spazio e visibilità a spese proprie, poi bisogna tenere presente che è meglio parlare delle prospettive positive piuttosto che iniziare con la negazione del negativo. Dulcis in fundo, tutte le argomentazioni contro Trump sono valide anche per gli antagonisti di Bloomberg alle primarie. Di fatto rinforzano il consenso verso i democratici ma non lo indirizzano verso chi sta pagando quella campagna.
Fino a oggi pensavo che nella comunicazione politica, così come nel marketing, il valore se non è comunicato è come se non ci fosse. Dopo la campagna di Bloomberg penso che il valore se non è ben comunicato è come se non ci fosse.