WPP chiude il 2020 a -8,4%. Per il 2021 focus su martech e acquisizioni
WPP si appresta a chiudere il 2020 in calo con i ricavi che scenderanno a -8,4%. A contribuire negativamente sul risultato, il Covid-19 e la crisi economica che ne è conseguita. Le stime del network prevedono però una ripresa per gli anni a venire con una crescita tra il 4 e il 5% sia nel 2021 sia nel 2022. I livelli di business del 2019 saranno di nuovi raggiunti entro il 2022, ha spiegato il management, un anno prima di quanto stimato da alcuni analisti.
Dopo la ristrutturazione iniziata con la conduzione del CEO Mark Read, che ha portato alla semplificazione dell’offerta grazie alla fusione di agenzie storiche del gruppo (Wunderman Thompson, VMLY&R, AKQA Group), WPP intende rafforzare la sua offerta sul fronte del marketing tecnologico e dell’e-commerce tramite un’aggressiva politica di acquisizioni.
Read e il chief financial officer John Rogers, in occasione dell’assemblea annuale, hanno spiegato agli azionisti di aver messo sul piatto tra i 200 e i 400 milioni di sterline all’anno per operazioni di mercato in “business ad alto potenziale di crescita”. Dal 2023 in poi WPP, hanno detto sempre Read e Rogers, potrebbe crescere dal 3% al 4% all’anno, includendo una quota tra lo 0,5% e l’1% garantita dalle acquisizioni. Entro il 2025 l’obiettivo è fare sì che il valore dei servizi martech e quelli legati al commercio tecnologico passi dal 25% al 40% del fatturato complessivo della società, rendendo così la società meno dipendente dal settore della comunicazione classica. Il colosso della comunicazione, che conta oggi 100.000 dipendenti in tutto il mondo, dovrebbe inglobare 10.000 nuovi professionisti specializzati in queste discipline.
Di contro è previsto un taglio di costi annuali di 600 milioni di sterline entro il 2025: riduzione del 15-20% degli spazi utilizzati per i propri uffici, gestione centrale dei servizi nell’ambito della finanza, delle risorse umane e dell’IT oggi in capo alle singole agenzie del gruppo e un nuovo modo di lavorare, con un maggior ricorso allo smart working e la riduzione delle trasferte (con un taglio dei costi di viaggio e hotel di circa un terzo rispetto a oggi). Non sono invece previsti nuovi licenziamenti, dopo i 5.000 posti tagliati a causa della crisi pandemica nel corso dell’anno.