Wavemaker, dalla logica del billing al valore aggiunto della consulenza
Le attività non tradizionali valgono il 50% delle revenues totali. Comprensione del consumatore e misurazione delle attività di comunicazione i focus strategici del 2022 per l’agenzia media di GroupM
Posticipato di qualche settimana, si è tenuto ieri il consueto appuntamento annuale di Wavemaker Italy con la stampa. Un’occasione per analizzare i risultati dell’anno appena trascorso e per sottolineare le sfide che attendono l’agenzia media di GroupM nel 2022. A raccontare questo percorso il CEO Luca Vergani e il Chairman Alessandro Villoresi.
«Gli investimenti pubblicitari del 2021 sono stati contrassegnati da accelerate e frenate dovute all’andamento della pandemia, ma da settembre in poi la crescita è stata sostanziale e tale da alzare costantemente le previsioni di chiusura d’anno, che si è assestata sul +15%, nonostante gli aumenti di materie prime e di spedizioni e la mancanza dei chip che hanno inciso in particolare sull’Automotive. Anche sull’anno in corso c’è il timore che inflazione e carenza di merci possano andare a toccare il mercato dell’adv, una delle principali spese singole sulle quali le aziende possono intervenire in maniera diretta. A oggi GroupM stima per il mercato una chiusura 2022 a +5%, con la conferma della crescita di Tv e digital comprensivo di digital radio e DOOH. Ovviamente questi numeri saranno rielaborati da qui a 12 mesi», ha introdotto il CEO, sottolineando la leadership di Wavemaker a livello locale, certificata dai principali istituti internazionali specializzati nella valutazione del mercato adv.
Il dato di billing (amministrato) riportato da Recma nell’ultimo report 2021 (sull’annualità 2020) vede Wavemaker Italy al primo posto del ranking con 1.740 milioni di euro. Nel Diagnostic Report di Recma, che misura, secondo una valutazione qualitativa basata su 19 criteri, oltre 700 agenzie in tutto il mondo e che è stato diffuso a ottobre, Wavemaker Italy con 29 punti è al primo posto sia a livello EMEA che globale.
Secondo COMvergence, la sigla è sempre al primo posto del ranking con 741 milioni di euro (nel 2020), mentre il dato di Projected 2021 (report pubblicato a dicembre 2021 sul periodo di analisi luglio ’20-giugno ’21) è di 836 milioni di euro, con una quota di mercato al 12%. «Nel 2021 abbiamo chiuso meglio del mercato e siamo cresciuti ancora di più sulla parte non tradizionale.
La gara più importante vinta è stata L’Oréal ma voglio citare le piccole e medie aziende che in aggregato fanno una revenue pari ai primi 10 clienti: è quel bacino che ci consente di arginare le perdite di grossi clienti. Un risultato che è stato reso possibile grazie al talento e alla tenacia delle nostre persone, che hanno lavorato instancabilmente per raggiungere obiettivi comuni, anche quando l’incertezza con cui conviviamo da due anni lo ha reso difficile. È grazie a loro se il 2022 comincia per noi sotto i migliori auspici», ha dichiarato il manager.
In un mercato che evolve, il compito di un’agenzia media è quello di saper cambiare passo. «Il nostro motto è “la potenza è nulla senza controllo”: essere primi non vuol dire niente se non dai valore aggiunto. Quello che stiamo cercando di fare è sempre di più di aiutare le aziende a misurare l’efficacia di comunicazione perché, valorizzandola, gli investimenti diventano “difendibili”, altrimenti sono solo una voce di spesa – ha proseguito Vergani -. Dato per assodato che saper gestire buying e planning è nel nostro DNA, il focus sarà sull’innovazione mirata a sviluppare: comprensione del consumatore attraverso ricerche esclusive, impatto delle attività di comunicazione sulle vendite e loro misurabilità crossmediale».
In una frase: offrire alle aziende valore aggiunto attraverso discipline e servizi innovativi. «La nostra capacità di adattamento al nuovo scenario di mercato è testimoniata dall’arrivo, nel corso del 2021, di 120 nuove persone: nuove skills di project management, digital transformation e content management che insieme stanno contribuendo a integrare le diverse anime dell’agenzia. Ormai sul media classico le remunerazioni sono giunte al minimo storico», ha dichiarato Villoresi.
«Di questi 120 ingressi, il 65-70% è andato in sostituzione di dimissioni, dal momento che è in corso una vera e propria rincorsa delle competenze digitali, mentre il 35% è stato un investimento nelle nuove aree. Ora siamo un gruppo di oltre 400 persone, impegnate in discipline sempre più verticali, come richiede la complessità del momento che stiamo vivendo. Ormai la parte di servizi, vale a dire E-commerce (+400% sul 2020 con oltre 20 specialisti dedicati), Tech (+43% con un team di 10 persone), Content (+20% con oltre 60 professionisti), Brand & Communication Consulting (+46% con oltre 10 persone ad hoc), rappresenta il 50% delle revenues totali: dobbiamo sempre più uscire dalla logica del billing ed entrare nell’area di consulenza per portare soluzioni alle aziende semplici in un mondo complesso. Non nascondo un mio “pallino”: quello di inserire i nostri project leader nelle aziende, perché ci aiutino a capire meglio le esigenze e portare al meglio le soluzioni ai clienti, ma con il Covid è tutto più difficile», ha detto il CEO.
Altro capitolo nevralgico è quello delle gare. Gli stessi bandi negli ultimi anni hanno cambiato linguaggio con la ricerca di partner media capaci di offrire nuove competenze, soprattutto digitali. «Ma il buying rimane sempre il parametro centrale e penalizza l’intero sistema e in primis le aziende, che a volte sottovalutano il beneficio che possono trarre dalla continuità di un rapporto. Quindi lancio una provocazione: le grosse aziende indicono una gara ogni 3 anni. Significa che se ogni anno il 30% del mercato va in gara, le strutture media mediamente gestiscono i clienti con il 70% delle persone e impegnano il restante 30% sulle gare: il mercato sta impoverendo la qualità. Infatti abbiamo rallentato la nostra partecipazione alle gare, perché per seguirle in modo adeguato dovremmo togliere competenze sui clienti in portfolio, che invece abbiamo il dovere di tutelare», ha commentato Vergani.
Su un roster di 150 clienti, le piccole e medie aziende da sempre costituiscono un “fiore all’occhiello” del portfolio di Wavemaker. «Sono italiane con una tradizione familiare alle spalle, specie nell’area Food, o sono guidate da imprenditori che non rischiano di mettere in discussione un rapporto per risparmiare il 7% e che ragionano in maniera diversa dal manager della multinazionale», ha spiegato Villoresi.
Incontrare le aziende sul territorio è sempre stato un must dell’agenzia che è stato però reso più difficile dalla pandemia.
Tra l’altro sullo small business, con gli OTT che detengono circa il 60% di questo mercato, è difficile essere competitivi. «Non abbiamo all’interno una forza vendita tale da permetterci di seguire le piccolissime aziende e quindi stiamo chiacchierando con alcune società che potrebbero coadiuvarci per un modello di business che per noi sia sostenibile ma anche remunerativo», ha anticipato il CEO.
Quindi un 2022 che si preannuncia molto sfidante. «In primis mi auguro che riapra tutto in favore dello scambio tra persone e che gli eventi possano tornare a puntare sulla presenza fisica. In quanto ai mezzi scommetto sulla crescita di volumi di Addressable Tv e DOOH nonostante per la prima esistano ancora problemi di misurazione, con gli OTT che forniscono dati non certificati da terze parti. Prevedo uno sviluppo con tante opportunità per il CRM», ha concluso Vergani.