Rai, l’AD Carlo Fuortes in cerca di finanziamenti: «Risorse incongrue, instabili e incerte»
Canone non sufficiente e forte perdita di introiti pubblicitari dovuti anche alle nuove disposizioni in tema di limiti di affollamento. Per i due vertici la priorità è la trasformazione digitale per conquistare il pubblico più giovane
Il Servizio Pubblico batte cassa allo Stato. «Le dinamiche del finanziamento complessivo Rai, quindi le risorse, possono essere definite: incongrue, e lo sono sempre di più rispetto agli obblighi da contratto di servizio e alle attività svolte; in riduzione negli anni; instabili e incerte, in quanto modificate a più riprese da interventi normativi; imprevedibili ed esposte a variabili esterne legate ai mutamenti dei mercati di riferimento». Con queste parole l’Amministratore Delegato di Rai Carlo Fuortes è intervenuto ieri alla Commissione Lavori Pubblici del Senato, dove si discute la riforma del Servizio Pubblico, unitamente al Presidente Rai Marinella Soldi.
«La governance deve essere affiancata da un sistema che garantisca risorse certe e adeguate, così da consentire al vertice nominato con le regole che verranno scelte di concentrarsi sul raggiungimento degli obiettivi affidati alla concessionaria pubblica, obiettivi che sono sicuramente economici ma prima ancora e innanzitutto editoriali, meglio ancora culturali, sociali e industriali», ha proseguito l’AD sottolineando anche come il canone non sia sufficiente: «Il relativo valore unitario è strutturalmente, come ben noto, il più basso in tutta Europa: 90 euro. Se, in aggiunta, si considerano le varie trattenute (tassa concessione governativa, IVA e Fondo per il pluralismo e l’innovazione, per effetto dell’ultima riforma, efficace dal 2021), dei 90 euro unitari Rai ne percepisce solo l’8%, mentre negli altri Paesi (Regno Unito, Germania, Francia) i gestori del servizio pubblico percentuali comprese tra il 96 e il 98%, quindi la quasi totalità».
Inoltre, l’incertezza rende complessa l’attività di pianificazione «specie in ottica pluriennale e specie in un contesto di forte evoluzione». La pubblicità è la seconda fonte di finanziamento per l’azienda. «Nel periodo 2008-2020, il mercato pubblicitario tradizionale complessivo ha subito, principalmente a causa della grande crisi post 2008, un sostanziale dimezzamento, da 9,8 miliardi a 5 miliardi; parallelamente, a partire dal 2013, è più che raddoppiata la componente social e motori di ricerca, passata da 1,3 miliardi a 2,8 miliardi. Per Rai, questo si è tradotto in una contrazione dei ricavi pubblicitari per oltre 600 milioni. Da poco meno di 1,2 miliardi a quasi 600 milioni. Queste sono le dinamiche del recente passato, senza dimenticare che dall’1 gennaio 2022 sono entrate in vigore le nuove disposizioni in tema di limiti di affollamento pubblicitario, le quali, per la sola concessionaria pubblica, segnano una importante penalizzazione, con un successivo inasprimento a partire dall’1 gennaio 2023».
Negli ultimi anni, «per compensare le minori risorse si è principalmente intervenuti con una importante riduzione dei costi esterni, pari a quasi 800 milioni di euro. Ulteriori spazi di intervento sono oggettivamente ristretti e difficili perché incompatibili con perimetro industriale e ampiezza della missione», ha proseguito Fuortes, che ha sottolineato inoltre che «al sostanziale pareggio di bilancio si abbina infatti, nonostante le misure adottate, un preoccupante progressivo peggioramento della posizione finanziaria netta», cioè l’incapacità di generare flussi di cassa positivi per sostenere adeguatamente i piani di investimento e sviluppo.
Oggi la priorità è quella di «focalizzarsi sulla migliore collocazione delle insufficienti risorse sulle quali attualmente Rai può contare per proseguire il percorso, in linea con gli obiettivi generali delineati per il Paese dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza».
A proposito del piano industriale, Fuortes ha fatto un accenno ai canali tematici, sui quali la Rai sta facendo delle valutazioni. «Ne discuteremo con il piano industriale che sarà approvato nei prossimi mesi. Si farà una valutazione sul rapporto costi-benefici. I canali tematici, ha precisato, interessano il 6% dell’audience e non si possono considerare residuali. Questo nonostante stiano scendendo a vantaggio delle piattaforme».
Soldi: «Obiettivo del Servizio Pubblico di tutta Europa è il target giovane»
«Una Rai più snella, agile nelle azioni, competitiva nel nuovo mercato digitale, attenta a tutte le voci della società italiana per competere nel futuro panorama televisivo», è l’auspicio della Presidente Soldi per la quale «indipendenza e autonomia della Governance e certezza delle risorse», sono una conditio sine qua non.
L’attuale mandato ha durata triennale, inferiore quindi ai cinque anni previsti per il Contratto di Servizio. «Sarebbe utile allineare le due durate: in questo modo la stessa governance che stipula e negozia il Contratto, se ne assumerebbe completa responsabilità di attuazione. Un quinquennio è anche la durata del mandato dei vertici della maggior parte dei Servizi Pubblici europei», è convinta Soldi, che ha proseguito: «Lo scenario del momento è in velocissima trasformazione ed estremamente competitivo. A dettare le regole nel mondo e a orientare i consumi dei media sono giganti tecnologici multinazionali e, in generale, tutti gli attori protagonisti della comunicazione digitale. Rispetto al 2011, la Tv pubblica ha perso oltre 10 milioni di contatti in media al giorno, pari a un calo del 23% scendendo, nell’autunno del 2021, sotto i 31 milioni di contatti medi giornalieri. Gli utenti sono bombardati da un’offerta di contenuti di facile accesso. Il 65% degli italiani tra i 15-24 anni consuma informazioni, intrattenimento e altri contenuti principalmente online. Conquistare il pubblico giovane, diventare rilevanti per chi ha meno di 40 anni, è la grande sfida dei Servizi Pubblici di tutta Europa. Per rendere Rai davvero in grado di essere al passo con i tempi e confrontarsi con competitor agili e veloci va anche risolto il nodo della sua personalità giuridica mista. È essenziale che la futura riforma metta la Rai in condizioni di agire con vera logica di impresa e che il processo di riforma parta da una visione strategica di lungo respiro, basata su un’idea precisa e ampiamente condivisa di quale debba essere il ruolo del Servizio Pubblico nell’era digitale. La rivoluzione digitale è iniziata da molti anni e incide e altera ogni aspetto delle nostre esistenze. Sta riscrivendo la geografia umana, sociale, culturale, economica e istituzionale. Il Servizio Pubblico deve potersi mettere al passo con questo processo, se vuole restare rilevante e continuare a svolgere la funzione essenziale che storicamente ha svolto per la vita del Paese», ha concluso Soldi.