Influencer e Body Positivity: da Ipsos e ONIM un’indagine sul tema
La società di ricerche di mercato Ipsos, in collaborazione con l’Osservatorio Nazionale Influencer Marketing (ONIM) di cui è partner, ha realizzato la prima indagine in Italia focalizzata sul tema della Body Positivity e il ruolo di influencer e creator.
Solo in Italia nel 2021, il valore del mercato dell’influencer marketing ha raggiunto 270 milioni: soprattutto a seguito della pandemia i social sono diventati sempre di più uno strumento di relazione, intrattenimento, ma anche un mezzo in cui discutere di temi sociali. Ha acquistato un’attenzione crescente, infatti, il contenuto e un senso di responsabilità a esso legato. Sempre di più quindi, l’influencer è chiamato a dire la sua con cognizione di causa essendo in prima persona esposto ad un pubblico esigente che chiede serietà e sincerità.
«Questa prima analisi, ma ancor più la collaborazione con Ipsos, vanno nella direzione di ampliare la conoscenza su un tema quello degli influencer/creator, sì discusso, ma spesso in modo troppo approssimativo – commenta Matteo Pogliani, Partner & Head of Digital di Openbox e founder di ONIM -. Un approccio pericoloso alla luce dei budget, notevoli investiti e in continua crescita, e del ruolo, in evoluzione, che i creator stanno assumendo. Figure che travalicano sempre più il ruolo di riferimento, solo, a livello social, diventando molto di più per gli utenti, affrontando tematiche spesso anche complesse, quasi sociali. Una comunicazione non sempre super partes e competente, ma certo in grado di arrivare con maggior impatto agli utenti e quindi con potenzialità e responsabilità di rilievo».
Il tema della Body Positivity trova il suo luogo elettivo di discussione proprio sui social network (87%) a differenza di altri topic contemporanei come la sostenibilità o la lotta all’omotransfobia che vengono dibattuti di frequente anche su media più tradizionali. Importante notare inoltre, che sono soprattutto le donne che animano il dibattito: il 65% delle intervistate, infatti, dichiara che la Body Positivity ha un peso rilevante all’interno dell’universo social.
Un dibattito che si rivela anche come conflitto interiore: «La grande novità, o verità, che la ricerca ha portato a galla – commenta Claudia Ballerini, Branding and Market Strategy & Understanding Lead di Ipsos – è quanto questo tema generi contraddizioni tra gli utenti. Grazie alla tecnica Metaphor, una metodologia Ipsos che legge le opinioni dal punto di vista comportamentale (behavioral), siamo riusciti ad intercettare il mood e le emozioni dei nostri interlocutori sul tema, andando oltre la dichiarazione razionale».
L’innovativa tecnica, che utilizza un set di immagini metaforiche, ha messo in luce una dicotomia. Da un lato, la coscienza sociale che accoglie il movimento come una rivoluzione i cui valori sono condivisibili e positivi, dall’altro, la sfera individuale che riflette la percezione di sé stessi e del proprio corpo che ancora ambisce alla bellezza stereotipata. Una duplicità che si risolve nell’accettazione del conflitto: entrambe le dimensioni possono coesistere ed essere gestite. Il tema è delicato e le scelte di comunicazione da parte di influencer e aziende devono essere il più possibile etiche nel loro stesso interesse. Gli influencer sono legittimati a parlare di Body Positivity? Secondo l’80% del campione intervistato da Ipsos (che diventa 90% se si isolano solo gli individui appartenenti alla Gen Z) sì, ma a patto che lo facciano nel modo giusto: dimostrando autenticità e coerenza con il loro stile di vita. Pena la perdita di credibilità e la conseguente perdita di follower.
La genuinità dell’influencer si riverbera anche sulla immagine delle aziende che lo scelgono come ambassador: anche il brand deve risultare autentico nelle sue scelte evitando un approccio di Body washing. La scelta di un ambassador da parte di un’azienda è delicata e strategica, soprattutto se si considera che, come emerge dalla ricerca, il tema della Body Positivity funge da traino per l’interesse verso altri temi di ambito sociale, meno su temi commerciali (lifestyle, abbigliamento e accessori, cosmetica ecc).
Come dimostrato nell’ambito della Body Positivity, ad oggi, quindi, i brand non possono trarre vantaggio dall’attivismo di influencer e creator, se distanti da quanto dicono.Con o senza influencer e creator, nella narrazione i brand devono sostenere l’accettazione delle diversità, delle varie tipologie di corpo, spostando il focus dall’accettazione delle imperfezioni all’accettazione/inclusione di tutte le diversità e dell’unicità di ogni persona.