Pubblicità giocattoli: La Spagna vieta gli stereotipi di genere. I pubblicitari si dividono
Da oggi in Spagna entra in vigore un codice deontologico per la pubblicità dei giocattoli che si propone di combattere le discriminazioni di genere sin dall’infanzia. Declinata in ben 64 punti la norma definisce quali sarebbero le condotte e le pratiche pubblicitarie da adottare nella comunicazione verso i piccoli: così sono in Spagna da oggi vietati stereotipi come ad esempio pubblicità che indichino esplicitamente o implicitamente abbinamenti giocattolo-sesso, come ad esempio la classica bambola e la macchinina per il bambino, così come il rimando di genere nei colori. Niente più giocattoli rosa per le bambine e azzurri per i bambini dunque, nella norma voluta in primis dal ministro spagnolo delle Imprese Alberto Garzón, e attenzione alla rappresentazione degli stereotipi nelle pubblicità rivolte ai più piccoli, dove gli spot da oggi in Spagna dovranno mantenere un ‘linguaggio inclusivo e rivolgersi a tutti senza distinzione di genere’. Una regolamentazione ‘non sessista’, così la definisce il legislatore spagnolo emanata al fine ‘di evitare che i bambini, soprattutto quelli nella fascia 0-7 anni, crescano riproducendo ruoli imposti’.
Le reazione del mondo dell’advertising
«Come Associazione siamo pienamente d’accordo per l’adozione di un codice deontologico per la promozione pubblicitaria dei giocattoli per l’infanzia come è stato fatto in Spagna – commenta Marianna Ghirlanda, presidente di IAA Italy – International Advertising Association, l’associazione dei pubblicitari internazionali -. Le discriminazioni e gli stereotipi di genere si formano già in età precoce ed è corretto che già nei primi anni di vita dei bambini si intervenga per evitare la classica stereotipizzazione che vede la bambola come giocattolo per le bambine e i robot per i bambini. Ma non solo – rilancia la presidente di IAA Italy – un codice di condotta andrebbe adottato non solo per l’advertising ma per tutta la filiera produttiva dei giocattoli, perché se è giusto che i giocattoli negli spot siano presentati come gender free, è altrettanto giusto che i prodotti stessi siano realizzati nello stesso modo.”
«Riteniamo fondamentale che questa cultura deontologica vada affermandosi anche in tutta Europa così come in Spagna – commenta Stefania Siani, Presidente di ADCI – Art Directors Club Italiano, l’associazione dei pubblicitari italiani – è vero infatti che sin dall’infanzia la stereotipìa filtra attraverso giochi e rappresentazioni associate al maschile e femminile. Sradicare questi aspetti significa non solo intervenire sulla comunicazione ma sui prodotti, su come sono concepiti, sulla filiera produttiva e culturale tutta».
Il provvedimento ovviamente fa discutere e se le associazioni sono allineate a favore altri pubblicitari come ad esempio Cesare Casiraghi non sembra così convinto:
«Questa norma mi sembra estrema – esordisce il pubblicitario italiano Cesare Casiraghi – e persino controproducente in rapporto all’obiettivo che si prefiggerebbe. E’ assurdo pensare di poter vietare nella comunicazione riferimenti o richiami rispetto al sesso del fruitore della pubblicità stessa, che peraltro per quanto riguarda le primissime fasce di età è il genitore medesimo, cui dovrebbe essere preservata la potestà di educare i figli secondo quanto egli ritenga. L’inclusione – sottolinea il pubblicitario – è un tema molto importante, tirarlo per i capelli sino a ‘normare’ se io pubblicitario o azienda possa o meno utilizzare il rosa o l’azzurro o una voce femminile o maschile nello spot, lo banalizza o lo forza a sovrastrutture innaturali perché preordinate, peraltro da un legislatore. Domandiamoci fino a che punto in nome dell’inclusione o equità di genere arriveremo a spingerci: nel prossimo presepe dovremmo quindi iniziare a liberare po’ di spazio per una ’gesù bambina’? – provoca il pubblicitario Casiraghi – D’altronde perché no?»