“Beyond Visual Attention” cambia la prospettiva alla comunicazione
Presentati ieri a Milano i risultati aggiornati del primo studio in Europa, promosso da OMG con Ainem, Ipsos e Nielsen, che integra machine learning, AI e neuroscienze per misurare l’attenzione agli stimoli pubblicitari
Dopo il lancio del progetto a Roma in luglio, ieri si è tenuta a Milano la presentazione della ricerca “Beyond Visual Attention” – promossa da Omnicom Media Group in collaborazione con Ainem, Ipsos e Nielsen – davanti a una platea di CEO, direttori marketing e professionisti della comunicazione.
IL CONTESTO DI OVERLOAD INFORMATIVO
Ogni giorno siamo potenzialmente sottoposti a oltre 33.000 messaggi pubblicitari, una quantità di stimoli che il nostro cervello non riesce a processare e che finiscono per alimentare un rumore di sottofondo. I media sono a tutti gli effetti un ambiente nel quale viviamo gran parte della nostra esperienza quotidiana e in quest’ottica la loro capacità di generare attenzione e coinvolgimento richiede un profondo lavoro di sistema, che coinvolge editori, investitori e agenzie per generare comunicazioni più efficaci per le aziende e più sostenibili per le persone. Da qui nasce l’approccio “Beyond Visual Attention”, che, come suggerisce il nome, ha innanzi tutto ricostruito le componenti dell’attenzione per includere nel processo attentivo l’apporto non solo attenzione visiva (rilevata con eyetracking) ma anche della mente (rilevata con EEG – elettroencefalogramma) e del corpo (tramite GSR – Galvanic Skin Response) indagati grazie allo studio di AINEM (Associazione Italiana Neuro Marketing).
L’ATTENZIONE VISIVA TRA TV E MOBILE
L’indagine di Ipsos, condotta nelle case degli italiani misurando i loro effettivi comportamenti naturali su Tv e Mobile, ha fatto emergere delle differenze notevoli sulla durata dell’attenzione visiva: in media si vedono 9,8 secondi delle pubblicità in Tv e soli 2,3 secondi delle pubblicità sul digital.
Lo zapping viene utilizzato meno di quanto si pensi per sfuggire alla pubblicità in Tv. In particolare, i break tra programmi diversi vengono interrotti dal cambio canale solo da una persona su 4, mentre quelli all’interno dello stesso programma da una persona su tre (23% vs 34%). Ma lo zapping non è l’unica forma di ad-avoidance in Tv: quando non si cambia canale una parte importante degli spettatori si alza o rimane di fronte allo schermo ma distoglie lo sguardo, magari per guardare il cellulare. Durante i break interni al programma, il 43% le persone che non fanno zapping distolgono gli occhi dallo schermo, mentre nel caso di break tra programmi diversi la percentuale di chi distoglie lo sguardo è più alta (52%). Anche il corrispettivo dello zapping sul mobile mostra dati interessanti. Se si considera YouTube, ad esempio, emerge che il 68% delle adv skippabili viene effettivamente skippata prima della sua conclusione, e lo skip avviene dopo mediamente 9 secondi di adv visibile. Ma se si analizza cosa succede con i formati non skippable ci si rende conto che a una maggiore durata dell’adv visibile non corrisponde una maggiore attenzione visiva.
OLTRE L’ATTENZIONE VISIVA
L’adv video in un break pubblicitario sulla Tv on demand può generare, in alcuni contesti, meno attenzione visiva di un video pubblicitario sulla Tv lineare, ma più attenzione a livello della mente (+12%) e del corpo (+45%). La stessa dinamica è riscontrata su alcuni formati digital dove, a fronte di una attenzione visiva bassa o molto bassa, i valori dell’attenzione della mente sono invece buoni, segno che l’innesco a livello della mente avviene comunque grazie, ad esempio, alla riconoscibilità del contesto. Lo studio sul formato audio ha inoltre confermato che, in termini di attenzione, l’adv in questo ambiente è altamente performante dal momento che perde solo il 2% rispetto al video. Non solo, rispetto all’efficacia dell’audio ora sappiamo anche che 1 persona su 5 ricorda una pubblicità passata in Tv anche se in quel momento non stava guardando lo schermo.
GAMING
“Beyond Visual Attention” è anche il primo studio sperimentale sui livelli di attenzione nel Gaming. Nei contesti di gioco immersivo, il brand funzionale all’esperienza non viene effettivamente percepito come adv. Inoltre, la stimolazione cognitiva ed emotiva associata al gaming genera elevatissimi livelli di engagement e agisce direttamente sul ricordo dell’adv (+20% vs ricordo spontaneo del video), Informazioni importanti per gli sviluppi futuri del metaverso e delle sue possibilità per i brand.
ATTENZIONE E RICORDO
L’analisi considera poi l’impatto dell’attenzione sul ricordo dell’adv, prendendo in esame le sue tre componenti. L’attenzione visiva è la metrica con il maggior impatto sul ricordo (79%), la probabilità di ricordo spontaneo cresce al crescere del tempo di esposizione all’adv, ma non in maniera lineare. Formati Tv e video dominano infatti il ricordo e un brand visto in tv è più ricordato rispetto ad uno visto su mobile nell’ordine di 3:1, allo stesso modo il ricordo di un brand visto in video su mobile è 2 volte superiore rispetto ad un formato statico. L’attenzione della mente ha anch’essa un impatto significativo sul ricordo (19%). Al crescere dei livelli di attivazione della mente cresce la probabilità di ricordare l’adv ma questa tendenza si blocca e decresce in caso di sovraccarico cognitivo. Infine, anche l’attenzione del corpo ha una influenza sul ricordo ma con livelli più bassi (2%), la probabilità del ricordo cresce significativamente solo con livelli molto alti di coinvolgimento emotivo.
Anche le variabili sociodemografiche hanno un impatto su attenzione e ricordo ma con delle sorprese, le generazioni più mature, che mostrano più attenzione alla pubblicità Tv con durate più lunghe, di fatto hanno lo stesso ricordo dei più giovani, che si contraddistinguono per una soglia di attenzione alla pubblicità più bassa. Alla luce di questo intricato livello di meccanismi dell’attenzione ne deriva che alcuni formati adv, con pochi secondi di attenzione, possono portare a livelli di stimolazione cognitiva ed emotiva più alti, con conseguenze positive e dirette sul ricordo.
Per questo motivo ottimizzare l’attenzione e non massimizzarla dovrebbe essere il mantra di ogni azienda che vuole comunicare in maniera più efficace.
Grazie a questo studio Omnicom Media Group ha posto le basi per poter dare alle aziende la possibilità di conoscere più nel dettaglio il legame tra attenzione e ricordo, creando una cassetta degli attrezzi da utilizzare per guadagnare maggiore share of attention dei competitor, con l’implementazione di dati e coefficienti di attenzione nei tool di pianificazione strategica, grazie anche al contributo dell’analisi di Nielsen sul dichiarato della fruizione media degli italiani.
Marco Girelli, CEO di Omnicom Media Group ha commentato: «Il lavoro svolto in questi mesi ci ha permesso di continuare ad esplorare le dinamiche attenzionali per trarne insegnamenti che cambiano la nostra prospettiva alla comunicazione e quella dei nostri clienti. Non ci sono media che funzionano meglio di altri ma ci sono strategie che vanno riequilibrate in funzione dell’attenzione che i brand vogliono ottenere in base ai loro diversi obiettivi, in un contesto di preoccupante overload cognitivo a cui tutti siamo sottoposti. Il nostro compito è continuare a innovare il modo in cui facciamo il nostro lavoro non solo per venire incontro alle esigenze delle aziende ma anche per promuovere un modo di fare comunicazione più sostenibile e vicino alle persone».