Il ruolo della comunicazione verso la transizione “green” e “digitale” delle imprese
Venerdì 17 novembre il 12° Forum WPP | The European House - Ambrosetti
“Che mondo sarebbe senza la comunicazione?” si è chiesta Simona Maggini, Italy Country Manager di WPP, nei saluti finale dei lavori del 12° Forum WPP | The European House – Ambrosetti, che si è tenuto al Campus WPP di Milano venerdì 17 novembre. Leader e professionisti della comunicazione e delle imprese si sono riuniti per l’annuale confronto sulle sfide e sulle opportunità del Paese, tra contraddizioni e nuovi paradigmi geo-economici e produttivi, con uno sguardo speciale al “Contributo della sostenibilità ambientale, economica e sociale per l’attrattività del Paese e al ruolo della comunicazione per la società di domani”, in uno scenario globale sempre più complesso e caratterizzato da forti transizioni.
Ad aprire i lavori Massimo Beduschi, Chairman di WPP in Italia, che ha introdotto il tema della “poli-crisi”, termine che cerca di descrivere l’attuale situazione mondiale in cui numerose grandi crisi si accumulano e si amplificano l’una con l’altra: «Viviamo in un momento complicato e noi cerchiamo di guidare il cambiamento attraverso una comunicazione che vada al di là dell’aspetto commerciale perché deve avere come obiettivo imprescindibile la crescita del Paese».
Di certo siamo entrati, quindi, in una “nuova era” nella quale serve – come ha sottolineato il Ministro delle Imprese e del Made in Italy Alfonso Urso – “una nuova cultura di impresa” guidata da “green e digitale”.
L’AI è diventata una nuova frontiera da percorrere anche in modi impensabili fino a poco tempo fa come ha dimostrato Maximo Ibarra, CEO & General Manager di Engineering, che ha colloquiato con il suo alter ego virtuale capace di parlare e di muoversi come il reale.
Senza gli sforzi verso la sostenibilità e la tecnologia è difficile attrarre investimenti dall’estero, come ha descritto Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di TEHA: «Secondo il GAI – Global Attractiveness Index l’Italia è al 17° posto, molto distante dalla Germania che è prima. Se da un lato, infatti, il Bel Paese registra buone performance su parità di genere e cura e salute degli individui, dall’altro deve migliorare il proprio posizionamento sul contrasto del cambiamento climatico, sul sistema scolastico e sulla riduzione di povertà e disuguaglianze. Perdiamo terreno sul fotovoltaico e sull’eolico, il calo demografico è arrivato al minimo storico, c’è il problema dei salari e del mettere nella comunicazione dei contenuti che servono. Eppure, nel 2023 il valore dell’export manifatturiero, composto da 164 mila imprese, sarà di 700 miliardi di euro e manteniamo la leadership su certi prodotti. Questo mi infonde positività ma bisogna garantire un percorso di crescita sostenibile e inclusivo per migliorare il nostro profilo di attrattività».
Ecco che si torna inevitabilmente al come e al cosa le imprese comunicano e se sono in grado di valorizzare le “ricchezze” italiane per uscire dai cliché. Federica Setti, Chief Research Officer di GroupM Italy, ha cercato di rispondere alla domanda “Si può leggere l’Italia come un brand?” secondo i dati della ricerca “BAV Best Countries” sviluppato con Kantar su 87 nazioni su 10 asset valoriali. «Da qualche anno siamo ancorati al 15° posto del ranking, al primo c’è la Svizzera seguita dai Paesi anglosassoni e Nordics, che stanno crescendo tanto sul valore del social purpose: questo dato ci segnala che siamo profondamente radicati “solo” sui nostri punti di forza come Heritage e Culture & Influence ma che siamo fermi su altri asset».
Non è abbastanza chiaro, come ha ribadito Maggini nel suo intervento conclusivo, che «la comunicazione è vita. C’è un’urgenza nel comparto del marketing e della comunicazione: questo Paese fa fatica a raggiungere i 9 miliardi di euro in comunicazione, avendone persi 3 negli ultimi 10 anni. Non è un problema di soldi che mancano bensì di soldi che non vengono messi nei posti giusti. UK registra investimenti del valore di 49,5 miliardi di dollari, la Francia di 27 miliardi e in questi 2 Paesi il Governo è il primo investitore. In Germania sono 36, in Australia 14. Questi dati mi fanno paura e lo dimostra anche la narrativa del Forum: è come se lasciassimo chiusa una cassaforte piena di asset. La comunicazione del patrimonio italiano è talmente frammentata e disordinata che si fa fatica ad avere un impatto. Il messaggio per le aziende è quello di investire, perché questo significa crescita futura. Una comunicazione di valore può esistere solo se c’è collaborazione tra tutti gli attori e per essere sostenibile deve aggregare il meglio delle istituzioni, delle aziende e delle agenzie. L’unica strada è l’alleanza che io invito a portare a livelli più alti e non è un caso che i Paesi anglosassoni o nordici siamo in cima alle classifiche perché del marketing hanno fatto un asset vincente oltre ad aver attivato politiche sociali ed economiche più efficienti delle nostre».