Otto quotidiani Usa fanno causa a OpenAI
Si allarga il fronte degli editori USA contro OpenAi e Microsoft. Altri otto fanno causa. E mentre in Spagna, Francia e Germania si fanno prove di pacifica convivenza, gli editori italiani stanno alla finestra.
Era la fine del 2023 quando il New York Times annunciò l’intenzione di fare causa a OpenAi e Microsoft per violazione del diritto d’autore ed oggi altre otto testate americane si allineano all’azione del NYT accusando le società di intelligenza artificiale di avere copiato illegalmente – senza nessuna forma di compenso per gli editori – ‘milioni’ di articoli per ‘addestrare’ ChatGPT ed altri servizi a fornire, in concorrenza diretta con le testate, articoli ed informazioni attraverso la loro tecnologia. Nello specifico sono il New York Daily News, il Chicago Tribune, l’Orlando Sentinel, il South Florida Sun Sentinel, il San Jose Mercury News, il Denver Post, l’Orange County Register e il St Paul Pioneer Press.
E se in Europa sono in atto esperimenti di pacifica e rispettivamente vantaggiosa convivenza con testate come Le Monde, El Pais e l’editore tedesco Axel-Springer, in Italia ad oggi gli editori sono ‘alla finestra’ in attesa degli sviluppi e della sentenza, che certamente non arriverà a breve ma che, ne sono convinti i legali esperti nella materia, “segnerà un epocale spartiacque giuridico”, anche in Italia.
«La causa promossa dal New York Times e dalle altre testate contro OpenAI – spiega l’avvocato Margherita Cera dello studio internazionale Rödl & Partner presente in 50 paesi nel mondo tra cui l’Italia – chiarirà la legittimità dello sfruttamento di opere tutelate dal diritto d’autore da parte dell’intelligenza artificiale. Invero, lo sfruttamento è duplice: le opere vengono utilizzate, in un primo momento, per istruire l’intelligenza artificiale e, in un secondo momento, per creare opere derivate».
È prevedibile che Open AI e Microsoft spenderanno le stesse difese già argomentate nella causa contro il NYT e cioè che tal uso degli articoli protetti da copyright sia coperto dall’eccezione di fair use, ossia l’eccezione di diritto americano che permette di elaborare opere esistenti per crearne di nuove in modo legittimo, in base a una valutazione da farsi caso per caso, tenendo conto se lo sfruttamento dell’opera esistente avviene per scopi di lucro; se l’opera sfruttata sia dotata di un alto gradiente di originalità; se l’opera derivata sia una mera copia dell’originale con minime differenze o sia effettivamente una creazione diversa, nonché dell’impatto dell’opera copiata sul mercato dell’opera originale.
«In Europa non esiste l’eccezione di fair use, ma – spiega l’avvocato – proprio con riferimento alla possibilità di usare enormi quantità di dati e contenuti protetti dal diritto d’autore, anche per istruire l’intelligenza artificiale, la Direttiva 790/2019/UE, all’art. 4, consente tale utilizzo, purché i titolari delle opere in questione non abbiano esercitato la cosiddetta ‘facoltà di opt-out’, ad esempio vietando tale estrazione nei termini e condizioni di utilizzo delle proprie opere o vietandola a livello tecnico, istruendo i cosiddetti robot.txt, come risulta che abbia fatto proprio il NYT. Quindi – conclude il legale Rödl & Partner – che si tratti di Europa o di America, ci sono pochi dubbi circa il fatto che la riproduzione di opere protette da parte dell’intelligenza artificiale nell’ambito di opere derivate, che non rispettano i requisiti di legge per l’applicazione delle eccezioni e limitazioni al diritto d’autore, integri una violazione del diritto d’autore».