Le pubblicità progressiste sostengono le vendite: lo rivela il Brand Inclusion Index di Kantar
Il 75% dei consumatori afferma che la reputazione di un brand in termini di diversità e inclusione influenza le loro decisioni d’acquisto: questo il primo insight del nuovo studio globale di Kantar, azienda leader specializzata in brand advisory e insight, che dimostra che il marketing inclusivo rappresenta una grande opportunità per promuovere la crescita dei brand.
Il Brand Inclusion Index 2024 di Kantar, l’indagine che ha coinvolto più di 23.000 persone in 18 Paesi, mette in evidenza una realtà spesso nascosta: il 46% della popolazione mondiale ha subito una qualche forma di discriminazione nell’ultimo anno, in prevalenza in contesti lavorativi. Considerando anche che tre quarti delle persone affermano che la diversità e l’inclusione influenzano le loro decisioni d’acquisto, è evidente quanto sia cruciale per i brand affrontare le questioni legate alla discriminazione. I risultati del Brand Inclusion Index si inseriscono nel contesto di una ricerca preliminare dell’Unstereotype Alliance con la Saïd Business School dell’Università di Oxford, utilizzando dati dei membri dell’Alleanza, inclusa Kantar.
Questo studio ha rilevato che la pubblicità progressista e inclusiva genera un significativo aumento delle vendite di oltre il 16% rispetto a contenuti pubblicitari meno progressisti e ha un impatto significativo sulla loyalty dei consumatori, sulle intenzioni di acquisto e sulla forza che ha un brand di definire il prezzo del proprio prodotto/servizio.
Nell’indice dei brand più inclusivi al mondo, Google, Amazon, Nike, Dove e McDonald’s formano la top five globale. Questi brand sono stati riconosciuti dai consumatori per aver dato un esempio positivo dimostrando un autentico impegno verso la diversità, l’equità e l’inclusione (DE&I).
In particolare, c’è un bisogno urgente per i brand di affrontare le tematiche DE&I: il 72% di coloro che hanno subito discriminazioni ha riportato che è avvenuta in un ambiente di lavoro o durante interazioni con brand; il 58% ha subito discriminazioni in un luogo commerciale. I mercati emergenti sono i più colpiti: la discriminazione è ancora più prevalente nelle economie emergenti (64%) rispetto ai mercati sviluppati (36%).
I gruppi sottorappresentati sono i più vulnerabili: le persone con disabilità e gli individui LGBTQ+ riportano i tassi più alti di discriminazione (rispettivamente 81% e 62%), sottolineando la necessità di focus mirati a creare ambienti e contenuti più inclusivi. Le aspettative dei consumatori sono elevate: il 75% dei consumatori a livello globale afferma che la diversità e l’inclusione – o la loro mancanza – influenzano le decisioni d’acquisto.
Nonostante i progressi fatti da alcuni brand, il Brand Inclusion Index 2024 rivela un significativo divario d’inclusione che le aziende devono affrontare. Questo divario è la differenza tra la percentuale di persone in un mercato che ha subito discriminazioni e la percentuale che crede nell’importanza e nell’influenza della diversità e dell’inclusione, ed è più alto in Paesi come il Sudafrica, la Nigeria, la Colombia e il Giappone.
Google emerge come esempio positivo, classificato da Kantar come il brand più inclusivo a livello globale. I consumatori, in particolare nelle comunità emarginate, lo hanno elogiato per il suo forte impegno verso la DE&I nelle sue politiche interne, prodotti e marketing, la sua rappresentazione autentica di persone di tutti i ceti sociali e la sua innovazione all’avanguardia per l’inclusione.
Tra i brand che completano la top five globale, Dove è stata particolarmente lodata per la sua rappresentazione coerente e positiva delle donne di tutti i background. Nike si è distinta per il suo impegno verso la comunità LGBTQ+.
Cristina Colombo, Head of DEI in Kantar, ha dichiarato: «È un’errata convinzione che il marketing inclusivo sia rivolto solo alle minoranze. In realtà, il marketing inclusivo è un marketing “espansivo”. Uno dei modi fondamentali per far crescere il proprio brand è predisporre più persone a esso. Tuttavia, quando i brand escludono i consumatori – sia perché le persone non si sentono benvenute quando fanno acquisti in negozio sia perché la loro pubblicità non riflette le comunità diverse – si perde la connessione emotiva con i consumatori. Millennials e GenZ danno priorità alla diversità e all’inclusione anche più di altri gruppi, e man mano che queste popolazioni crescono in dimensioni e potere d’acquisto, queste questioni avranno più peso. I brand saranno ricompensati se rimarranno fedeli ai loro valori, soprattutto di fronte a vocal community che alimentano le guerre culturali mettendo i gruppi minoritari l’uno contro l’altro».