Censis: Italia connessa, cultura disconnessa. la rivoluzione dei media nell’era del paradigma biomediatico
La mappa dei consumi mediatici: una realtà in rapida evoluzione
Giunto alla sua 58ª edizione, il Rapporto Censis offre una radiografia impietosa della società italiana, mettendo in luce contraddizioni profonde e trasformazioni epocali. Il documento delinea un Paese sempre più interconnesso tecnologicamente ma culturalmente frammentato, dove la diffusione dell’ignoranza e dei pregiudizi rischia di minare la democrazia. Uno dei segnali più preoccupanti è l’incapacità di decodificare le informazioni politiche e sociali, lasciando i cittadini vulnerabili a narrazioni manipolative e fake news.
L’ignoranza diffusa è alimentata da stereotipi radicati: il 26% degli italiani sovrastima di dieci volte il numero di immigrati clandestini, mentre il 20,9% ritiene che gli ebrei controllino la finanza mondiale. Preoccupante anche il dato secondo cui il 15,3% considera l’omosessualità una patologia genetica. Parallelamente, il periodo 2019-2023 ha visto l’affermazione del paradigma biomediatico, con una penetrazione trasversale degli strumenti digitali in tutte le fasce della popolazione. Persino gli anziani e le persone meno istruite sono ormai connesse, segnando un cambiamento epocale.
La TV rimane il medium predominante
La fruizione della televisione rimane pressoché stabile, attestandosi al 95,9% nel 2023, con una crescita della TV tradizionale (+0,9%) e satellitare (+2,1%), e una forte ascesa della TV via internet (56,1%, +3,3%). La radio mantiene la sua audience grazie all’ibridazione di canali analogici e digitali, con un lieve calo complessivo (-1,1%) dovuto soprattutto alla flessione dell’ascolto attraverso l’apparecchio tradizionale. Internet è ormai impiegato dall’89,1% degli italiani, con una sovrapposizione elevata con gli utenti di smartphone (88,2%) e social network (82,0%). Tra i giovani (14-29 anni) si consolida l’utilizzo di piattaforme come WhatsApp (93,0%), YouTube (79,3%), Instagram (72,9%) e TikTok (56,5%), mentre cala l’uso di Facebook, Spotify e X/Twitter.
Al contrario, i media cartacei continuano a soffrire, evidenziando una crisi storica: i quotidiani cartacei sono passati dal 67,0% di lettori nel 2007 al 22% nel 2023, con un calo del 3,4% solo nell’ultimo anno. Continua, quindi, la crisi inesorabile dei media a stampa, con il calo di lettori di quotidiani cartacei (-45% in 15 anni), settimanali (-1,7%) e mensili (-2,8%). Anche i quotidiani online registrano una diminuzione del 2,5%: gli utenti dei quotidiani online diminuiscono e sono il 30,5% degli italiani (-2,5% in un anno), mentre sono stabili quanti utilizzano i siti web d’informazione generici (il 58,1% come già nel 2022, ma cresciuti del 21,6% dal 2011).
Nel 2023 si arresta l’emorragia di lettori di libri: gli italiani che leggono volumi cartacei sono il 45,8% del totale (+3,1% rispetto allo scorso anno, ma -13,6% rispetto al 2007) e il 5,3% utilizza gli audiolibri. I lettori di fumetti e graphic novel sono l’8,0%. La ripresa non riguarda i lettori di e-book, che rimangono stabili al 12,7% degli italiani
Messaggi visivi e lettura: l’informazione al bivio
Il rapporto rivela che emerge una dicotomia tra lettori e visualizzatori: l’83,7% degli italiani si informa utilizzando lo smartphone. Di questi, il 37,9% preferisce effettuare una ricerca mirata, il 28,2% invece consulta diverse fonti per disporre di un quadro completo e esaustivo, il 25,4% legge sullo smartphone interi articoli e solo il 13,2% si limita ai titoli, il 12,3% legge anche i commenti dei lettori e dei follower, il 12,1% guarda prevalentemente i video (è il pubblico più giovane: il 16,7% nella fascia tra i 14 e i 29 anni), l’8,1% guarda solo le immagini (il 9,7% tra i giovani), il 5,2% commenta articoli e scrive post, il 4,6% li condivide, il 3,7% usa lo smartphone per informarsi ascoltando i podcast. Si possono quindi suddividere gli utenti tra lettori e visualizzatori. I visualizzatori sono ancora una minoranza, ma destinata a moltiplicarsi, sia perché incoraggiata dalle piattaforme che si fondano su questa modalità di comunicazione (Instagram, Telegram, TikTok), sia per la disabitudine a leggere testi lunghi.
Dal rapporto si evince anche che gli italiani mostrano una forte propensione a regole linguistiche che evitino espressioni offensive nei media. Il 76,9% è favorevole a regolamentazioni per il linguaggio relativo all’aspetto fisico, e percentuali elevate riguardano anche le differenze religiose e l’identità di genere. Tuttavia, il 69,3% degli italiani è infastidito dall’eccessiva sensibilità nei discorsi quotidiani.
AI: minaccia o opportunità?
Oggi, l’8,4% degli italiani utilizza software per generare immagini e l’8,2% strumenti di generazione testi come ChatGPT. Tuttavia, il 65,5% teme che l’intelligenza artificiale possa avere effetti devastanti sull’occupazione. Nonostante ciò, molti vedono opportunità nell’automazione dei lavori ripetitivi e miglioramenti nelle cure mediche. L’82,0% ritiene necessario regolamentare l’uso dell’AI, mentre solo il 18,0% è contrario.