Digital Audio Unlocked – I modelli di business nel mercato del digital audio
Sesto appuntamento con la rubrica dedicata al digital audio nata dalla collaborazione fra Audion e Touchpoint
Quando parliamo di digital audio, parliamo di un ecosistema sovrapponibile a quello di qualsiasi altro mercato dell’advertising.
Tra advertisers e clienti troviamo infatti una serie di verticalità che, oltre alle agenzie media e creative, riguardano le piattaforme tecnologiche abilitanti sia per il media planning e buying che per l’hosting e l’adserving e la gestione delle campagne; abbiamo i grandi gruppi editoriali, quelli indipendenti e i singoli podcaster; e infine l’area dati e analytics.
In generale il modello di business imperante ad oggi nel digital audio vede da una parte chi produce il contenuto audio con l’obiettivo di monetizzazione (e conseguente sostenibilità del business), e dall’altra chi è interessato ad essere in quei contenuti per intercettare e connettersi con la propria audience.
Dal punto di vista di chi produce, che sia un grande editore, un produttore indipendente o podcaster, il modello è quello tipico del mercato dell’advertising e dell’entertainment in generale, ovvero diretto al consumatore finale in termini di prodotto, ma principalmente rivolto ai brand per la monetizzazione dello stesso: le attività dirette al consumatore o al brand (DTC/DTB) hanno fini e modalità diverse, ma riguardano sempre lo stesso aspetto produttivo.
La parte “direct to consumer” ovvero quella generalmente definita BTC riguarda infatti la produzione di tutti quei contenuti audio premium originali e non (es. i catch up radio, chiamati impropriamente podcast, contenuti on demand di trasmissioni radio in diretta) creati da grandi editori e dai podcaster per incrementare la loro audience/la loro community e, di conseguenza, le capacità di monetizzazione.
Un contenuto audio premium può essere monetizzato in diversi modi: può essere attivato un sistema subscription based, ovvero l’ascoltatore ha accesso ai contenuti dietro il pagamento di una fee (es. One Podcast del gruppo GEDI), oppure il contenuto può essere advertising based, ovvero gratis per il consumatore ma con la pubblicità. Di solito questa modalità riguarda i grandi gruppi editoriali o i podcaster che sono riusciti ad avere delle numeriche importanti sui loro podcast audio perché già famosi o perché hanno creato un contenuto molto apprezzato dal pubblico. Un paio di esempi: Fedez, con il suo podcast Pulp Podcast con un modello advertising based oppure Selvaggia Lucarelli con il suo podcast Vale Tutto, a subscription based.
Talvolta, proprio come succede negli OTT, troviamo anche modelli misti che consentono di massimizzare le revenues e rendere il business sostenibile (creare contenuti, è un business costoso).
Il Subscription based rientra a pieno nel modello di business BTC, mentre tutto il resto è BTB.
Gli indipendenti o i podcaster più piccoli possono invece attivare partnership di distribuzione (un podcast producer che in partnership con un editore distribuisce il proprio contenuto tramite le properties dell’editore o consente all’editore di distribuirlo) ed in questo caso si procede, di solito, con un modello a revenue shares, dove le revenue provengono dalla pubblicità tabellare (es. pre roll) sui contenuti audio prodotti e distribuiti (advertising based).
La conditio sine qua non per creare valore intorno al contenuto audio, in termini economici, è l’appealing che il contenuto ha verso gli advertisers, solitamente determinato dalla grandezza della community che lo ascolta o dalla verticalità dell’argomento rispetto a target di nicchia o dall’essere ‘cool’ e trainante rispetto ad una precisa audience di riferimento.
Diventa fondamentale quindi per chi produce, a prescindere dalla grandezza (studio o singoli), lavorare sull’incremento della propria audience e quindi degli ascolti, per ottenere maggiore remunerazione delle produzioni.
Oltre alla tabellare, le forme di monetizzazione ‘advertising based’ comprendono anche le brand integration, ovvero degli spin off creati ad hoc per l’advertiser che lo richiede. Questi Spin off seguono la linea editoriale e il tone of voice del podcast ma, a seconda degli obiettivi, enfatizzano maggiormente alcuni valori o alcuni contenuti più affini al brand che ne sposa la linea editoriale in toto.
Diverso è invece il caso del branded podcast dove editori, produttori e podcaster creano podcast show appositamente per il brand e, a seconda di chi sono i produttori, attivano i mezzi di amplificazione più consoni (es. tabellare all’interno delle properties dei grandi editori o all’interno di un network specifico di podcasters per produttori; o ancora utilizzando le proprie community sui social per i podcasters/influencer). Sono produzioni ad hoc legate alle capability di chi le produce: il brand riconosce nel partner la capacità di creare produzioni premium e di amplificarle, per cui anche il branded podcast rientra nel più ampio spettro della monetizzazione dei contenuti advertising based, anche se non tabellare.
Questa descritta è la forma di monetizzazione più scalabile: chi produce cerca costantemente l’aumento della audience dei podcast, sia dei singoli che in aggregato, attraverso la qualità dei propri contenuti, il contesto in cui sono inseriti e la capacità di renderli “scopribili” nel mare magnum dei contenuti audio oggi esistenti, con l’obiettivo di vendere la pubblicità ai brand. Oltre a questa forma di monetizzazione, ce ne sono altre, come ad esempio quelle relative alla creazione di community e al conseguente merchandising (es. le magliette di Muschio Selvaggio, podcast di Fedez e Luis Sal), più legate quindi alla creazione di un IP (Intellectual Properties) e di una base fan attorno ad essa, che coinvolgono sia i grandi gruppi che i podcaster; le varie partecipazioni ai podcast festival, ai meet&greet coinvolgono invece maggiormente i podcaster – podcaster influencer che, grazie alla popolarità del loro podcast, vengono invitati dagli operatori di settore (nel caso di podcaster indipendenti/podcaster influencer il branded podcast è un’area di monetizzazione importante, ndr).
In ultimo troviamo le donazioni dei fan al podcaster preferito che hanno un valore limitato per i grandi gruppi editoriali e per i produttori indipendenti e valgono per lo più per sostenere i piccoli podcaster più che per creare profitto.
Oltre ai brand, la parte di BTB include la vendita di format dei produttori o dei podcaster ai grandi gruppi editoriali/piattaforme audio e alla creazione di IP e della conseguente vendita di diritti in altre aree media (es. il podcast di Rigopiano di Pablo Trincia e la declinazione in serie video su Sky Italia).
Georgia Giannattasio
Laureata in Economia Aziendale all’Università Bocconi di Milano, ha iniziato la sua carriera nel media offline presso Initiative Media. Successivamente, ha fondato e sviluppato Havas Digital (Media Contacts, ndr), avviando la sua carriera nel digitale. Ha fondato una società di consulenza e aperto le sedi locali di Eyewonder e Goviral, entrambe acquisite da grandi aziende (Sizmek e AOL rispettivamente). Nel 2014, Georgia si è trasferita a Londra per gestire il gruppo Sales dell’Headquarter di AOL e il team sales APAC, mantenendo anche il ruolo di MD in Italia e Spagna. Tornata in Italia, ha lanciato Maker Studios, successivamente acquisita da The Walt Disney Company, dove ha gestito la parte digitale commerciale di Disney Italia. Nel 2020, ha co-fondato Mentre – Reliving Stories, una società di produzione di podcast, successivamente acquisita da Audion. Attualmente è l’Amministratore Delegato di Audion Italy e membro del CDA.