Live Communication: la coda lunga della digitalizzazione
Davide Bertagnon, Managing Director di Access Live Communication: «Una scelta necessaria per dare un segnale al mercato sulla capacità di reagire del comparto. Ma le emozioni non potranno mai essere al 100% virtuali»
È stato uno dei comparti più colpiti dagli effetti della pandemia e anche dopo la fine del lockdown non riesce a ripartire a dovere. «Il settore della Live Communication nella totalità nel mercato italiano genera un volume d’affari di circa 70 miliardi di euro secondo quanto censito da Astra Ricerche che racchiude i numeri delle principali 40 agenzie del settore. Sono dati che, addirittura, non comprendono i pernottamenti alberghieri che sono figli di attività fisiche sul territorio, visto che il 40% di queste prenotazioni sono legate a eventi come concerti, mostre e convention. Nonostante dia lavoro a 600 mila persone, non è stato trattato al livello di altri comparti», spiega a Touchpoint Today Davide Bertagnon, Managing Director di Access Live Communication, agenzia parte di GroupM.
Ci spiega meglio cosa è successo?
Il 9 marzo ci siamo trovati di fronte a un Big Bang: ci hanno detto “non potete fare più nulla”. Sono saltati 24 concerti che avrebbero portato un pubblico di 40-50 mila persone, ma nel complesso in Italia ne sono stati cancellati 160 negli ultimi 5 mesi. La perdita per la mancata realizzazione è stata ingente, considerando anche che il dietro le quinte, cioè l’indotto di ogni singolo evento, è composto da 2 mila persone che si occupano di allestimento, logistica, catering, produzione, attività alberghiera ecc. Essendo il nostro un settore legato ad attività produttive fisiche, materiali e tangibili, a quel punto abbiamo dovuto ripensare il modello: come rendere digitale qualcosa che prima non lo era. Un po’ come una squadra di Marines, abbiamo pensato: “prima di mollare, dobbiamo tentarle tutte”.
Pensa che digitalizzare gli eventi sia la strada da percorrere anche in futuro?
Questa scelta è stata l’unica cosa da fare per cercare di salvare qualcosa e per dare un segnale all’esterno. Il rischio di essere messi completamente in ginocchio era tangibile e le agenzie, così come la nostra, hanno dovuto cambiare paradigma mentale. In Access Live Communication abbiamo studiato diverse piattaforme web e cercato e acquistato quella per noi più adatta: ora siamo proprietari di un tool interno con cui possiamo viralizzare i contenuti che prima sviluppavamo fisicamente. La digitalizzazione, però, non è “la” soluzione perché non è la risposta corretta a un problema strutturale. Inoltre, in molti casi, si tratta di una digitalizzazione “ibrida”, perché se utilizziamo – per esempio – un teatro di posa all’interno del quale si trovano persone che parlano e interagiscono fra loro, torniamo all’essenza del nostro mestiere che è basato su componenti tecniche, pratiche, fisiche e materiali.
Come hanno risposto, invece, aziende e utenti?
Digitalizzare l’evento ai brand piace molto, anche perché consente un notevole risparmio sui costi vivi di realizzazione. D’altro canto, però, l’engagement delle persone è azzerato, mentre il nostro mestiere è fatto di contenuti creati per generare emozioni, che non potranno mai essere al 100% virtuali. Abbiamo monitorato alcuni dati sulle reazioni degli utenti agli streaming live gratuiti di grandi artisti e dopo il terzo minuto i dati di accesso sono molto bassi. Anche prima su YouTube si poteva scaricare il pezzo dell’artista preferito e goderselo online, ma ciò che manca oggi è tutta la componente emozionale che non potrà mai essere digitalizzata. Le piattaforme digitali oggi sono necessarie per dare una continuità ai brand e per supportarli nei loro lanci di prodotto o di servizi, ancora preclusi con eventi e attività sul territorio. C’è poi un altro punto fondamentale che le marche stanno sottovalutando: quando si digitalizza un concerto, uno show o una mostra, le piattaforme garantiscono l’uscita del segnale ma l’entrata dipende dal consumatore e non è detto che tutti abbiano banda larga, wi-fi o 5G, perciò il risultato finale è figlio anche della connessione individuale, sulla quale è impossibile intervenire.
Come sono le previsioni per l’ultima parte dell’anno?
Molto dipende dalle nuove disposizioni che il Governo emanerà. Con lo status quo attuale – vale a dire un massimo di 1.000 persone per gli eventi all’aperto, distanziate di un metro – continuiamo a essere penalizzati. Per non parlare dei conti, perché nel 2020 si prevede una perdita del comparto del 70% dal momento che dovremo calcolare i nostri bilanci su 4 mesi di attività e non su 12.
Nei fatti, non solo abbiamo visto un calo drastico del fatturato, ma siamo stati anche impossibilitati a svolgere la nostra professione, con conseguenze pesanti dal punto di vista occupazionale. Chi – tanto durante il lockdown quanto oggi in fase 3, in cui ci sono ancora troppi limiti per ripartire – sta continuando a lavorare è come se stesse edificando delle palazzine, magari anche di 2 o 3 piani, su un terreno sismico: prima si costruivano grattacieli. Dopo aver fatto l’esperienza della digitalizzazione degli eventi, necessaria per dare un segnale al mercato sulla capacità di reagire del comparto, mi auguro che tra qualche mese si possa superare definitivamente questo periodo: ho però qualche dubbio, perché anche in futuro ci sarà una coda lunga di attività prodotte o in forma digitale o in forma mista, cioè con ospiti fisicamente in un luogo fisico e l’audience collegata da casa.
Access Live Communication non si è fermata e ha in cantiere nuovi progetti…
A marzo, nel periodo più buio, ci siamo resi conto che l’automobile poteva essere un mezzo che consentiva di rispettare il distanziamento imposto, ma allo stesso tempo di avvicinare le persone. Abbiamo deciso, così, di investire con i nostri partner e 12 sponsor sul progetto DRIVE-IN per dare un forte segnale di ripartenza a Milano e ai suoi cittadini. Si tratta di un’area complessiva di circa 4.000 mq, a nord della città, dotata di un maxi led wall di circa 200 mq con audio wireless, che ospita – dal mercoledì alla domenica – una selezione di film. L’ingresso è gratuito, è prevista solo una donazione benefica di 2 euro per ogni macchina, che viene devoluta interamente al Fondo di Mutuo Soccorso del Comune di Milano. Inaugurato il 24 giugno, DRIVE-IN Milano, per 45 serate, offrirà ogni sera un film, con una capienza di 100 posti auto e 30 posti bici: a oggi abbiamo registrato sempre il sold out. Credo che la gente sia un po’ stanca delle conferenze online e dei webinar e che abbia voglia di forme di socialità, nel rispetto delle norme di distanziamento.
Ovviamente tutti speriamo che si possa tornare nel giro di qualche mese alla normalità e, con questo spirito, insieme ad alcune tra le più grandi agenzie italiane del comparto, stiamo lavorando a un progetto live previsto per metà ottobre che unirà le eccellenze italiane del canto, del ballo, della recitazione. Sarà un’opera in tre atti dal titolo “A riveder le stelle”, scritta e messa in scena per l’occasione: un grande show che, idealmente, vuole accompagnare la ripartenza dell’Italia con responsabilità e fiducia. Una data che sarà un importante punto di svolta per tutto il settore.