Officina Talenti – Progettare il futuro è un gioco da ragazzi
Con oltre 250 milioni di utenti registrati e con 78,3 milioni di giocatori attivi solo nell’agosto appena trascorso, Fortnite spalanca gli occhi ai più scettici e consolida il fenomeno a livello planetario: gli E-sports sono il futuro. E, di fatto, già il presente delle nuove generazioni.
Grazie al lancio nel 2017 della sua nuova creatura, la Epic Games, incassa cifre da capogiro: 3 miliardi di euro nel primo anno di vita, milione più milione meno. Con previsioni di incremento nel 2019. Il gioco, seppur scaricabile gratuitamente, si presenta infatti come un freemium che offre al suo interno pacchetti a pagamento per migliorare l’esperienza di gioco.
In parallelo si sono sviluppati tornei milionari, l’ultimo questa estate con la coppa del mondo e un montepremi da 30 milioni di euro. Per vostra informazione il sedicenne Kyle Giersdorf, in arte “Bugha”, con il suo primo premio ne ha vinti 3, giocando al pc. Il “Ninja”, il più famoso streamer al mondo di Fortnite, fattura mezzo milione di euro al mese, sì, al mese. Su Twitch ha più di 14 milioni di follower, una piccola percentuale dei quali paga solamente per vedere la registrazione delle sue partite sul gioco più famoso del mondo.
Per chi non lo conoscesse, Fortnite permette di scegliere tra due diverse modalità di gioco.
Nella modalità “Save the World” i giocatori cooperano contro il computer. In uno scenario post-apocalittico, un massimo di quattro giocatori fa squadra contro l’intelligenza artificiale del computer, che scatena ondate di creature mostruose. L’obiettivo è cooperare e sopravvivere, a metà strada tra uno spara-tutto e un gioco di strategia.
La seconda, rilasciata successivamente dalla casa madre, alimentando considerevolmente l’interesse per il gioco è la versione “Battle Royale”: 100 giocatori, tutti contro tutti, lottano al “chi rimane vince”. Gli avatar scelti dai giocatori vengono catapultati su un’isola deserta ed equipaggiati inizialmente con solo un piccone, sarà compito del giocatore rifornirsi di armi e munizioni per arrivare fino alla fine.
Il merito del successo planetario di Fortnite si deve sicuramente alle menti di questa macchina perfetta: Darren Sugg, 41enne direttore creativo e capo progetto, e Tim Sweeney, 48enne CEO della società nonché geniale fautore di altri successi firmati Epic Games.
Il videogioco, entrando di diritto tra i più giocati del mondo, presenta delle caratteristiche molto interessanti, a dimostrazione del talento dei due padri e della loro ossessiva ricerca di raggiungere l’esperienza utente definitiva. Almeno fino al prossimo lancio.
Di Fortnite intanto colpisce l’accessibilità. Un gioco gratuito, scaricabile da tutti e su qualsiasi piattaforma (arriva a breve anche su Android). Seppur nasce come spara-tutto, i bambini si trovano a guidare buffi ninja che sparano laser multicolori, granate che esplodono in nuvole colorate, esultanze da stadio ogni qualvolta un giocatore viene eliminato dalla Battle Royale. Alcune di queste prese in prestito da calciatori professionisti. Questo ha permesso anche ai più giovani di giocare senza dover litigare con i genitori abituati alle scene sanguinarie del suo predecessore Call of Duty.
Fortnite è costruito per essere social. I giocatori si immedesimano nel proprio avatar, pagano per poter vestirlo a propria immagine e somiglianza. Costruendosi di fatto un’identità online con molte meno frizioni rispetto alle tradizionali piattaforme stile Facebook.
Per ultimo, il gioco è equo. Nessuno può pagare per essere avvantaggiato. Stesse armi a parità di capacità economica, un dettaglio che allontana la minaccia del pay-to-win tanto detestata dalle generazioni più giovani.
E infine le stagioni: i giocatori più performanti, si ritrovano periodicamente allo stesso livello dei neofiti, alimentando anche in loro il desiderio di gratificazione. Non è forse questo l’oro del nuovo millennio?
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