FLANEREEL – Il Gusto del Territorio

La rubrica di divagazioni sul marketing turistico e sulle strategie di brand a cura di INova

Se in perfetto stile flâneur volessimo intraprendere un lungo viaggio nel gusto italiano, scopriremmo subito quanto i prodotti enogastronomici siano preziosi per esprimere e preservare l’identità dei territori e promuovere un turismo autentico e sostenibile. Prodotti che diventano essi stessi strumento concreto e straordinariamente efficace per comunicare le destinazioni. Non fermiamoci solo ai grandi classici, come il Parmigiano Reggiano e il Chianti, solo per citarne un paio, simboli universali del made in Italy nel mondo.

Nel “Paese dei 1000 campanili” esistono ben 838 prodotti riconosciuti per la loro capacità di valorizzare la diversità e la qualità delle produzioni locali: 578 DOP (Denominazione di Origine Protetta), 257 IGP (Indicazione Geografica Protetta), oltre a 341 vini DOC (Denominazione di Origine Controllata) e 78 vini DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita).

Picnic (Fernando Botero, 1998) – rielaborazione a cura di Valeria Morando, Studiowiki

E se è vero che il sistema delle denominazioni di origine garantisce alti standard di qualità e indiscutibili benefici per l’economia rurale italiana, non vanno certo dimenticati tutti quei produttori che operano al di fuori delle classificazioni, senza però perdere in eccellenza.

Tutti questi prodotti, se adeguatamente valorizzati, possono diventare risorse straordinarie per il turismo e l’economia locale e la loro promozione diventa automaticamente promozione della destinazione a cui sono indissolubilmente e intrinsecamente legati.

Ma perché un ecosistema composto molto spesso di piccoli produttori funzioni alla perfezione, è fondamentale unire le forze e fare sistema, ad esempio attraverso consorzi o reti di imprese che condividono valori di qualità, identità e sostenibilità. Queste realtà collettive diventano così protagoniste del turismo enogastronomico, invitando i visitatori a scoprire direttamente i produttori, le loro storie e i loro metodi tradizionali e proponendo esperienze immersive a contatto con il territorio.

Come ben sintetizza Giorgio Gobetti, fondatore della startup di montagna Butéga Valtellina, obiettivo del turismo enogastronomico è senz’altro “importare persone e non esportare prodotti”, ma ormai si sa anche quanto la presenza digitale sia efficace per facilitare l’accesso ai prodotti locali e mantenere vivi i sapori autentici di un territorio. Una vera sfida, se si pensa che secondo il Digital Economy and Society Index (DESI) della Commissione Europea l’Italia è al terzultimo posto per competenze digitali. 

Una sfida da vincere a tutti i costi, per stare al passo con un turismo enogastronomico in crescita costante: nel 2023, il 58% dei viaggiatori italiani ha intrapreso almeno un viaggio motivato dall’enogastronomia e le previsioni indicano un aumento annuo del 17% per la componente gastronomica e del 13% per quella vinicola. A confermarlo è stato il recente Food & Wine Tourism Forum a Pollenzo, da cui sono emerse tre parole chiave per le destinazioni italiane: innovazione, sostenibilità e, naturalmente, proprio turismo enogastronomico. 

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