Guru batte influencer nella sfida dei Touchpoint Days Engagement

«Tutti i guru sono degli influencer, non tutti gli influencer possono essere guru. Tutti però sono persone famose e rilevanti che possono incidere sui costumi delle persone. Quello che deve accomunarli è il senso di responsabilità»: così Giampaolo Rossi, Editore di Oltre La Media Group, ha introdotto la terza giornata dei Touchpoint Days Engagement. Nel complesso, nella dicotomia “Influencer vs guru”, i nostri ospiti hanno dimostrato un maggiore apprezzamento per la figura del guru. 

Andrea Crocioni
e Laura Buraschi

L’ultima puntata, condotta dal Direttore di Touchpoint Andrea Crocioni e dalla giornalista Laura Buraschi, ha visto la partecipazione di: Valeria Chiappini, Deputy Head of Brand Strategy di Kantar, Attilio Di Cunto, CEO di EuroMilano, Konrad Il Brianzolo, Videomaker e comunicatore, Davide Lenarduzzi, Amministratore Delegato di Promoberg, Leonardo Decarli, Content Creator e attore. A portarci il suo “Punto di…” è stato Massimo Giordani, Presidente della Giuria Touchpoint Awards Engagement. 

I Touchpoint Days torneranno con l’edizione Strategy 2024 dal 26 al 28 novembre, con la sfida “Altezza vs profondità”.

Rivedi la terza puntata dei Touchpoint Days Engagement

 

IL PUNTO DI… Massimo Giordani, Presidente della Giuria Touchpoint Awards Engagement 

Si sta verificando una spaccatura fra quelli che sono gli influencer propriamente detti, cioè persone che hanno un ruolo davvero prioritario nell’influenzare le scelte di acquisto, e quello che è invece il guru che non necessariamente deve avere un interesse specifico nell’andare a proporre e a promuovere un determinato prodotto o servizio. La figura dell’influencer rischia di essere sostituita innanzitutto dai virtual influencer, un fenomeno nato qualche anno fa. Poi c’è un altro fenomeno, quello dei microinfluencer. Micro perché in un perimetro molto ristretto in termini di competenze disciplinari o di area geografica. Hanno un seguito piccolo, ma comunque riconosciuto e forte. Una PMI può avere molto più beneficio da un microinfluencer, piuttosto che spendere un sacco di soldi per un “macro” che magari gli porta un pubblico che non gli serve. L’evoluzione della rete è talmente rapida che anche il fenomeno degli influencer così come li abbiamo conosciuti fino a oggi potrebbe subire delle grosse modifiche nei prossimi mesi e nei prossimi anni. 

 

Valeria Chiappini, Deputy Head of Brand Strategy di Kantar 

GURU

Spezzo una lancia in favore dei guru: da osservatrice dei fenomeni social è interessante il recupero del valore della competenza e quindi la ricerca degli “spettatori” di incrementare il proprio capitale culturale seguendo persone che sono depositarie di un saper fare e di un sapere. Ritengo interessante che in una società che da anni si informa poco, legge meno, ci sia invece un ritorno di questo tipo di valore, certamente con due punti interrogativi. Uno è che ci sono delle zone d’ombra nel caso in cui il guru utilizzi il credito che ha maturato per indirizzare e influenzare le persone derogando dal principio di onestà e verità. L’altro punto è che il concetto di verità sarà sempre più grigio da ora in poi: pensiamo all’IA, ai fenomeni di deep fake… quindi anche sui guru bisogna esercitare un sano scetticismo. 

 

Attilio Di Cunto, CEO di EuroMilano

PAREGGIO

Per arrivare alle persone servono più guru o influencer? Servono entrambi. Sun Tzu dice che servono la tattica e la strategia. Secondo me l’influencer è il tattico, che ti serve per andare poi a governare le singole battaglie. Il guru è quello che ti permette di fare la strategia e di vincere veramente le guerre. Nella nostra visione è proprio così. L’influencer è quello che ti permette di fare una determinata attività di marketing tattico, il guru è quello che ti dà la visione, la possibilità di tracciare quello che è il disegno complessivo della tua opera che vai a realizzare. Servono tutti e due, in momenti diversi e per compiti diversi. 

 

Konrad Il Brianzolo, Videomaker e comunicatore 

GURU

Penso che il ruolo di un creator non debba essere finalizzato alla pubblicità, a un prodotto: il guru si apre a tante cose, ha un pubblico più variegato. Ma se sei un’azienda devi capire chi sei. Esiste l’influencer specializzato in moda o in altri ambiti: ad esempio se sono un’azienda che produce trucchi vado da Clio Make Up. Ma se si cerca una comunicazione diversa, non finalizzata a un prodotto, ma più ironica, più giovane, si sceglie di andare da un certo creator perché si apprezza quella narrazione. Io preferisco la figura del guru. Io ho scelto di non fare mai foto con il prodotto perché non sono specializzato in quel tipo di narrazione, nulla di male per chi lo fa, ma bisogna rendersi conto che non si piò rischiare di cadere nell’approssimazione. Quindi per me i guru sono meglio degli influencer purché siano direttori editoriali di se stessi.

 

Davide Lenarduzzi, Amministratore Delegato di Promoberg

PAREGGIO

L’incontro in presenza, lo viviamo tutti i giorni, è un qualcosa che è così legato alla persona, così ancestrale. Siamo esseri sociali. Il concetto di “un nuovo modo di fare fiera” sembrerebbe distonico, perché cosa c’è di nuovo da aggiungere in un qualcosa che ci fa trasmettere dei contenuti e delle emozioni? Ed è proprio lì il segreto. Non ci inventiamo nulla di diverso, perché la fiera non deve essere mai il fine, ma dobbiamo riportare la fiera a essere lo strumento migliore per potenziare l’engagement, il coinvolgimento fra le persone. E farlo nel modo più corretto rispetto all’obiettivo che quelle persone che si incontrano hanno. Il nuovo modo di fare fiera è la modalità che riporta al centro del progetto la persona. Fra influencer e guru provo una terza via. Dobbiamo permettere a noi stessi di essere noi stessi. Essere più veri possibili. Cercare di essere sempre noi in qualsiasi contesto. Essere persone che, mentre lavorano stanno vivendo e mentre vivono stanno lavorando. Oggi questo può servire di più, al di là di come uno ti può definire se un guru o un influencer – facciamolo dire agli altri – ma dobbiamo avere la coscienza a posto ed essere il più possibile coerenti con noi stessi in qualsiasi contesto.

 

Leonardo Decarli, Content Creator e attore 

PAREGGIO

L’influencer marketing fa girare l’economia e la promozione dei brand: un brand se vuole fare pubblicità in Tv deve avere dei budget alti e non so a livello di conversione quanto sia differente da una promozione con 10 content creator, che fanno questo di mestiere e possono arrivare a un pubblico fidelizzato. Bisogna trovare il giusto compromesso tra influencer e guru. Non so quanto abbiamo bisogno dei guru mentre l’influencer che lo fa di mestiere può avere un profilo pulito così come ci può essere un influencer che fa delle azioni non corrette. Nel complesso credo che ci vorrebbe un patentino per chi fa questo mestiere, perché si ha una responsabilità importante da gestire.

 

 

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